Maxi sequestro da 4,3 milioni di euro contro il clan Arena: beni e società sotto sigillo a Catanzaro
Sequestrati beni per 4,3 milioni al clan Arena a Catanzaro: immobili, terreni e società nel mirino della DDA per legami mafiosi

In data odierna, i militari del Servizio Centrale I.C.O. e del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Catanzaro hanno dato esecuzione ai decreti di sequestro emessi dal Tribunale di Catanzaro – Sezione Misure di Prevenzione, su richiesta della Procura di Catanzaro – Direzione Distrettuale Antimafia.
Il provvedimento ha disposto il sequestro di 23 unità immobiliari, 24 appezzamenti di terreno, quote societarie e una ditta individuale, per un valore complessivo di oltre 4,3 milioni di euro, beni ritenuti direttamente o indirettamente riconducibili a tre soggetti legati al clan mafioso “Arena”, operante ad Isola Capo Rizzuto (KR).
I destinatari dei sequestri sono considerati soggetti di “pericolosità sociale qualificata”, come previsto dal Decreto Legislativo n. 159/2011, poiché indiziati di appartenenza ad associazione mafiosa (art. 416-bis c.p.) o di altri gravi reati (art. 51 comma 3-bis c.p.p.).
I tre erano già stati coinvolti nel 2017 nell’operazione “Jonny”, che aveva portato alla luce come le cosche crotonesi avessero raggiunto una “pax mafiosa” per spartirsi i fondi destinati all’accoglienza dei migranti, grazie a forniture fittizie al Centro Accoglienza “Sant’Anna” di Isola di Capo Rizzuto.
Le indagini avevano inoltre rivelato la posizione dominante della cosca nel settore delle scommesse on-line e nel noleggio di apparecchi da gioco, attività esercitate in modo totalmente illecito.
I sequestri sono stati disposti in attesa del contraddittorio dinanzi al Tribunale Ordinario di Catanzaro – Sezione Misure di Prevenzione, per verificare la sussistenza dei presupposti per la confisca definitiva.
Le indagini economico-patrimoniali, coordinate dalla Procura di Catanzaro – D.D.A. ed eseguite dagli specialisti del G.I.C.O. del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Catanzaro e del Servizio Centrale I.C.O., hanno fatto emergere una sproporzione evidente tra i beni posseduti e i redditi dichiarati, oltre a beni ritenuti frutto di attività illecite o reimpiego di denaro mafioso, ottenuti anche mediante atti simulati di trasferimento di proprietà, dietro i quali si celavano rapporti usurari.
Provvedimenti analoghi, nell’ambito della stessa indagine, avevano già portato in passato al sequestro di ulteriori beni per circa 5 milioni di euro.