24 novembre, il ricordo di Lea Garofalo a 16 anni dalla sua morte: la donna che disse "no" alla 'ndrangheta

La storia di una donna che ha sfidato violenza e tradizione per proteggere sé stessa e sua figlia, diventando simbolo di libertà e resilienza

A cura di Redazione
24 novembre 2025 07:32
24 novembre, il ricordo di Lea Garofalo a 16 anni dalla sua morte: la donna che disse "no" alla 'ndrangheta -
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Lea Garofalo è la donna che ha sfidato la ’ndrangheta pagando con la vita il suo desiderio di libertà. La sua storia inizia a Pagliarelle, frazione di Petilia Policastro in provincia di Crotone, dove nasce nel 1974 in una famiglia mafiosa segnata da faide e violenza. Cresce in un contesto che pretende obbedienza e silenzio, ma lei sceglie di ribellarsi a un destino già scritto. Ancora giovanissima si trasferisce a Milano con il compagno Carlo Cosco, da cui avrà la figlia Denise, sperando di lasciarsi alle spalle il mondo criminale della sua terra. Invece si ritrova immersa in dinamiche di potere e sopraffazione che rifiuta con determinazione.

Quando decide di lasciare Cosco e di sottrarsi all’ambiente mafioso che la circonda, subisce minacce, aggressioni e pressioni da parte della sua stessa famiglia. Lea non arretra e, per proteggere sé stessa e sua figlia, sceglie di raccontare ai magistrati ciò che sa. È un gesto raro in una donna cresciuta in quel contesto, una scelta che rompe schemi secolari fondati sull’onore e sull’omertà. Per anni vive tra case protette e solitudine, segnata dalla paura e dalla mancanza di prospettive, fino a quando, priva di tutele adeguate e sfiduciata, si ritrova di nuovo esposta al pericolo.

Il 24 novembre 2009 viene attirata a Milano con un pretesto e uccisa. Il suo corpo, distrutto nel tentativo di cancellarne la memoria, verrà ritrovato anni dopo. Nel 2012 la giustizia riconosce il ruolo di mandante al suo ex compagno e infligge diverse condanne all’ergastolo.

Lea Garofalo non è stata soltanto una vittima della ’ndrangheta, ma una donna che ha cercato un futuro diverso, rifiutando il ruolo di complice e sottomessa. Ha combattuto per sé e per sua figlia, per spezzare la catena di violenza e potere che aveva segnato la sua famiglia. La sua storia è diventata simbolo di coraggio civile e di emancipazione femminile, esempio di opposizione dal basso contro una cultura che punisce soprattutto le scelte delle donne. Oggi il suo nome continua a vivere nelle iniziative che ne raccontano la forza, ricordandoci che il cambiamento può nascere anche da chi, come Lea, decide di non avere più paura.

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